MONSERRATA
ECCO COME TUTTO EBBE INIZIO
"Se credi in un sogno, puoi farcela."
Può sembrare la frase di un film, invece è la realtà di una donna dal carattere forte e vincente. E' la frase di esempio per tutti coloro che credono in se stessi e che hanno la voglia e l'entusiasmo per creare il loro futuro e per dare una svolta alla propria vita anche contro le avversità. E' l'esempio che Monserrata lascia narrando la sua storia.
La storia di una donna che dal nulla ha creato la sua vita, il suo lavoro e la sua famiglia.
FINE DI UN MATRIMONIO INFELICE
Mi sposai a 17 anni, ma a ventiquattro anni, reduce da un matrimonio infelice decisi di separami, prima in assoluto nel mio paese. Rimasi sola io e i mie 3 figli Alessandra di sei anni, Maurizio di 4 anni e mezzo e Nadia di due e mezzo. I miei familiari appresero tragicamente la notizia; a quel tempo chi si separava era una “poco di buono”.. , alcuni miei fratelli che conoscevano la mia triste situazione matrimoniale, in qualche modo provavano a giustificarmi e di tanto in tanto mi davano qualche incoraggiamento.
VIA DI CASA
Riuscì a trovare lavoro con contratto stagionale come aiuto cuoca in un albergo così da poter sfamare i miei bambini, ma ahimè durò ben poco, mio padre condizionato dai pettegolezzi del paese, comincio a trattarmi male e ad aggredirmi continuamente in maniera verbale, finché una notte, sfinita, al ritorno dal lavoro, ebbi con lui l’ennesima discussione e mi cacciò via di casa.
LA DISPERAZIONE
Alle 2 di notte uscii da quella casa col capo basso, caricai sul portapacchi della mia cinquecento una valigia di cartone con le poche cose che ero riuscita a racimolare alla rinfusa e adagiai i mie piccoli tesori, sbalorditi e ignari di cosa stesse accadendo nel sedile posteriore dell’auto. Dove andare? Cosa fare? Girovagai tutta la notte disperata e senza meta per le buie strade della campagna.
LA CASA DEI MIEI SOGNI
Alla luce dell’alba percorrendo una di queste strade sterrate intravedevo in fondo ai campi una porcilaia. Triste e provata, guardando estasiata quella casetta composta da 4 mura, la desiderai dicendo, tra me e me, che mi sarei accontentata anche di poter avere per me ed i miei piccoli anche quel modesto ricovero. Avrei potuto disinfettarla, mettere davanti all’uscio una tenda per le mosche e a forse a fatica avrei potuto comperare un letto ed un vasetto per piantarci un fiore..
ABBANDONATA
La mattina con il il viso gonfio dal pianto, mi recai come di consueto al lavoro, con i miei tre bambini al seguito. La signora titolare dell’albergo, spiegata la situazione, mi accolse con comprensione, diede la colazione a tutti noi e in un primo momento mi sistemò in lavanderia e poi impietosita mi destinò una camera…. Ma ahimè la nostra tranquillità durò pochi giorni perché un parente venne a minacciare violentemente il datore di lavoro che gentilmente mi aveva offerto aiuto. A malincuore mi dovette licenziare, ma parlò con una signora raccomandandomi per avere una camera in affitto. Fui temporaneamente ospite di una famiglia, che si era dimostrata buona ed affettuosa con i bambini, condividendo tutto sia il bagno che la cucina... Porto ancora un bel ricordo di loro...
DOVEVO PUR VIVERE
Fui accolta in quella casa nel mese di agosto a condizioni che saremmo dovuti andare via entro la primavera dell’anno successivo. Tra il pregiudizio della gente era davvero difficile trovare lavoro, mi accontentavo di qualsiasi lavoro purché dignitoso; legare la vite in campagna, raccogliere pietre, imbiancare, fare le pulizie, lavare persone anziane; l’importante era riuscire a far mangiare i miei figli, pagare ogni mese l’affitto di casa 100.000 lire e onorare il mio debito pagando la cambiale di 100.000 lire della mia 500 special. Vivevamo a stento, non sempre mangiavamo carne, biscotti e frutta; mangiavamo però la pasta e la minestra tutti i giorni.
IL SORRISO NELLA POVERTA'
Ricordo ancora la nostra stanza in affitto che odorava di muffa con un grande lettone al centro dove dormivamo tutti, arredata con 2 comodini scassati e un armadio lucido anni 50. Ma per me era bello, i miei bambini saltavano felici nel letto che cigolava. Cercai di renderla il più dignitosa possibile cercando di farla profumare di pulito. Mancava però un tocco di intimità; mancavano le tendine a quelle finestre spoglie. Unii un foular abbastanza grande a fiori che avevo, con un altro che mi regalò la proprietaria e riuscii a confezionare due tendine con un fiocco. Che gioia!!.. gli ospiti della signora dicevano: “da quando è ospite questa famiglia qua è entrata la primavera!” Riuscivo a lavorare solo la mattina quando i miei bambini erano a scuola e all’asilo e dovevo escogitare qualcosa per stare di più con loro.
LA SVOLTA
Un giorno viene dalla signora un rappresentante di biancheria, si chiamava Olivieri Giovanni, vendeva dei pacchi di biancheria molto raffinati e rattristato dalla mia situazione mi propose la rappresentanza. La cosa mi attraeva, avrei potuto lavorare a percentuale e sarei potuta stare di più con i miei figli. Ma c’era un grosso problema: in zona non avrei potuto lavorare perché … ero comunque per la gente del paese e del circondario "una poco di buono separata con 3 figli e con in dote una 500 scassata arricchita da un porta pacchi”.
MA TENTAI PERCHE' CI CREDEVO...
L'OCCASIONE
Il signor Olivieri capì la mia disperazione e la voglia di fare qualcosa per uscirne, intuì la mia capacità e con la complicità di zia Efisina, zio Salvatore Frau e i proprietari della casa mi lasciò sulla fiducia della merce da vendere. Con il cuore colmo di felicità, sistemai in una stanza molto vecchia ma dignitosamente pulita il campionario di biancheria, contattai il mio primo possibile cliente, una persona a me cara, mia cugina Assunta Contu che con grande piacere accettò di visionarlo. Ancora oggi ricordo che acquistò una trapunta di color celeste pitturata a mano, il lenzuolo coordinato, un copriletto e degli asciugamani ..
LA SPERANZA
Mi sembrò di vivere un sogno, la mia felicità salì alle stelle sia per la vendita, sia perché una parente mi aveva finalmente considerata. Investii i soldi guadagnati da quella vendita ricomprando un lenzuolo che rivendetti subito, e così di volta in volta…cominciai ad andare fuori zona a lavorare.. S. Teodoro, Dorgali, Budoni, Orune, etc.. riempivo il bagagliaio della mia 500 di lenzuola, asciugamani e una trapunta che legavo al porta pacchi perché troppo ingombrante.
Presto la voce si sparse, con mio grande stupore le clienti si affezionavano a me,.. piacevano i miei modi gentili, la disponibilità, la determinazione e soprattutto la mia riservatezza…
IL MIO PRIMO VERO AMORE
Dopo nove mesi travagliati sola io e i miei dolci tesori, improvvisamente il mio primo vero amore, che per motivi banali avevo lasciato per sposare l’uomo dal quale mi ero separata, si riaffacciò nella mia vita. Ero felice con lui, iniziai ad avere aiuto e complicità e a condividere con lui la quotidianità. Lui, come me, era reduce da un mezzo fallimento di lavoro, depresso a causa della situazione, molto povero ma pieno d’amore per me e i miei bambini.
LA PRIMAVERA
La primavera si stava avvicinando, il contratto della stanza in affitto stava per scadere e noi stavamo pensando di andare finalmente a convivere, ma nessuno ci voleva concedere una casa in affitto. Dopo tante ricerche, dopo tanta perseveranza, Io, i miei bambini e il mio compagno Salvatore, riuscimmo ad avere la solidarietà di una persona che ci concedette un appartamento molto vecchio, caldo d’estate e freddo d’inverno, ci accontentammo e felici lasciammo quella piccola stanza che ci aveva dato riparo sino a quella primavera…
ILLUSIONE SVANITA
Riuscii ad allestire anche lì, il mio piccolo angolo di negozio, il mio piccolo bazar del quale ne andavo fiera ed orgogliosa. Il mio corredo, che selezionavo con cura e amore con articoli raffinati e ricchi di dettagli, come se dovessero impreziosire la mia casa, era sempre più richiesto anche se naturalmente non dalla gente del paese. Ma anche quando le cose sembravano andassero finalmente bene, era giunto il momento di andare via anche da quella casa perché serviva alla padrona. DOVE ANDARE?
INIZIO DI UNA NUOVA VITA IL SOGNO SI REALIZZA
Forte e confortato dall’amore per la nostra famiglia, a Salvatore venne l’idea di utilizzare un rustico camerone che aveva costruito in un pezzo di terra anni prima, con l’intento ed il sogno di farla diventare la nostra casa. Dividemmo il camerone ricavando due camere da letto e una cucina, ma non avevamo i soldi per costruire il bagno perché costava troppo, così come le finestre, le porte ed il portone d’ingresso. Non c’erano neanche i soldi per i mobili, ma a stento riuscimmo a comprarci un materasso per dormire, una cucinotta, due fornelli, un tavolo e sei sedie. Che meraviglia! Petronio il nostro snauzer gigante, anche lui ci aiutava, facendo la guardia, proteggendo me e i miei bambini, in assenza del mio premuroso compagno perché aveva trovato lavoro come fornaio e lavorava di notte.
Non avendo il bagno ci lavavamo come facevano i nostri nonni, con le bacinelle; la biancheria la lavavamo a mano perché non avevamo ancora la luce e tanto meno potevamo permetterci la lavatrice. Intanto il tempo passava… io lavoravo sempre di più e anche Salvatore lavorava in maniera continuativa. Riuscimmo a comprare poco per volta, le porte, le finestre, a sistemare una stanza con il bagno e una povera ma dignitosa cucina e finalmente dopo un anno riuscimmo anche ad allacciare l’energia elettrica.
La felicità più grande che ha raggiunto la nostra famiglia a completamento di tutto, è poter acquistare una TV...quanta allegria c’era in casa… i bambini che andavano e tornavano ad accendere la luce, si accontentavano giocando a chi per primo chiudeva il tanto desiderato portone d’ingresso. Io e Salvatore avevamo finito una camera deve appoggiavamo il mio allestimento di corredo. Timide, timide le persone anche di Orosei, il mio paese, si avvicinavano e iniziarono a comprare qualcosa. Mi misi in proprio. La nostra felicità fu coronata a 29 anni con la nascita di Silvia la mia prima figlia con Salvatore, a trentadue ci sposammo. Successivamente nacquero completando la nostra felicità Eleonora e Noemi.
Mi commuovo ogni volta che ci penso...
Ricordo tutto quanto trascorso con umiltà ed orgoglio...come il periodo più bello della mia vita, perchè ha unito la nostra famiglia con un legame speciale che durerà tra noi per sempre.
Le difficoltà ci hanno reso forti, coraggiosi di affrontare sfide future con determinazione e riuscendo a dare un senso alla vita…
ci hanno insegnato a non illudersi mai di essere arrivati, ad apprezzare ogni singola conquista anche la più piccola.. ed ogni piccolo particolare come il più grande ed importante…
Ringrazio tutte quelle persone della zona di San Teodoro, Dorgali, Nuoro, Loculi, Irgoli, Onifai, Orosei, Galtelli e soprattutto Orune che mi hanno sempre sostenuta nel mio amato lavoro che oramai svolgo da 35 anni e che tramanderò ai miei figli..
Ritornando al mio passato penso a "come ho potuto farcela, e stato tutto così assurdo.." ma penso che questa forza si sia scatenata guardando i miei figli.
"A loro dovevo qualcosa: la serenità, la sicurezza e l’amore incondizionato."